EDITORIALE I bambini e il digitale

di

Claudia Giudici, Presidente Reggio Children

Nando Rinaldi, Direttore Scuole e Nidi d’infanzia – Istituzione del Comune di Reggio Emilia

 

“A nessuno, e più che mai a chi fa il mestiere dell’educare le giovani e le giovanissime generazioni, è consentito di evitare riflessioni attorno ai mutamenti e agli interrogativi culturali e di vita che le condotte sociali e le innovazioni scientifiche e tecnologiche stanno suggerendo”.
Loris Malaguzzi 

Tratto da Loris Malaguzzi e le scuole di Reggio Emilia
(a cura di P. Cagliari, M. Castagnetti, C. Giudici, C. Rinaldi, V. Vecchi e P. Moss), Reggio Children, Reggio Emilia [in corso di pubblicazione].

 

Il tema della relazione tra bambini e digitale è un tema molto dibatutto, di cui molti parlano in forme apocalittiche, o entusiastiche e salvifiche.

In ambito scolastico si affida frequentemente al digitale la capacità, quasi magica, di trasformare la scuola, realizzando il passaggio da una istituzione trasmissiva ed espulsiva a una agenzia che si occupi degli apprendimenti di tutti, proponendo forme attive di incontro con i saperi.

Chi lavora in educazione non può consentirsi di pensare né in termini entusiastici né in termini apocalittici. Compito dell’educazione è quello di offrire ai bambini e ai ragazzi strumenti di accesso al sapere, criteri interpretativi, abilità, conoscenze per vivere nel proprio contesto di vita e socialità. I luoghi educativi e la scuola devono quindi proporsi come luoghi di sperimentazione ed elaborazione di capacità di uso critico e attivo delle opportunità offerte dal digitale. Questo è coerente con il quarto obiettivo dell’Agenda 2030 dell’UNESCO per lo Sviluppo Sostenibile: “Garantire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti" (http://unescoblob.blob.core.windows.net/pdf/UploadCKEditor/MANUALE_ITA.pdf).

Per realizzare questo riteniamo importante un approccio fenomenologico che da un lato metta in luce l’intelligenza dei nostri bambini e ragazzi e dall’altro scruti il presente in cui vivono, cogliendo e interpretando i significati di cui sono portatori, e traducendoli in occasioni di apprendimento in cui essi possano attivare tutte le proprie potenzialità con libertà e creatività, esplorando limiti e potenzialità insieme agli altri.

Queste sono occasioni che dovrebbero consentire ai più piccoli, ma non solo, di scoprire le logiche e le dinamiche che regolano gli spazi accresciuti e rimodellati dalle tecnologie digitali e in rete, come testimoniato in Adaptive gamification framework to promote computational thinking in 8-13 year olds di Mayyadah A. Altaie, Dayang N.A. Jawawi, e dalle riflessioni di Stefano Moriggi in Next Stop Perpetual Beta: notes for an ethics of design in digitally augmented learning contexts.

I luoghi educativi e le scuole devono essere interpreti attenti dei contesti di vita, di senso, di significato che i bambini e i ragazzi vivono, per costruire con loro le consapevolezze e gli strumenti culturali necessari perché possano collocarsi nel mondo in modo attivo e competente. Gli educatori devono, invece, sostenere la costruzione della cittadinanza digitale dei giovani che crescono in un’epoca di connettività radicale: Carrie James ed Emily Weinstein, ricercatrici alla Harvard Graduate School of Education, in Children as Digital Citizens: insights from classroom research with digital dilemmas, sostengono che sia necessario affrontare “i dilemmi digitali, utilizzando una pedagogia che abbraccia la complessità e non la lambisce e basta”.

I bambini sono grandi costruttori di immagini, di rappresentazioni, di performance; indagano il mondo, lo osservano curiosi; ne scoprono e ne evidenziano la poesia, la bellezza, le trasformazioni. Si auspica pertando l’attivazione di un dialogo in cui è necessario che l’intelligenza dell’essere umano incontri l’intelligenza dello strumento, sia analogico che digitale: un dialogo in cui le due intelligenze si danno reciprocamente forma, co-evolvono. Il tema quindi non è solo introdurre strumenti digitali nell’ambiente, ma soprattutto comprendere le logiche e i concetti che sottendono il digitale nelle sue opportunità per costruire esperienze, occasioni di scoperta e di apprendimento da offrire ai bambini, spostando l’attenzione dalle tecnologie ai processi di apprendimento: il ruolo della scuola è quello di pensare nuovi modi di costruire l’apprendimento con i bambini e di riconfigurare le tecnologie analogiche e digitali.

Come possiamo interpretare l’ingresso della tecnologia digitale nelle scuole?

A partire dall’esperienza educativa di Reggio Emilia, Maddalena Tedeschi, Elena Maccaferri, Annalisa Rabotti in I cento linguaggi del digitale nel Reggio Emilia Approach, sostengono che la tecnologia digitale sia da interpretarsi innanzitutto come un connettore di saperi e di esplorazioni multidisciplinari, un sistema che – intrecciandosi ai linguaggi analogici – potenzia i modi di conoscere dei bambini, inaugura nuovi ambienti di socializzazione e condivisione in cui il mentale di ogni bambino trova una possibile rappresentazione.

Il digitale ha la potenzialità di trasformare i contesti di insegnamento-apprendimento offrendo modalità nuove di rappresentazione ai pensieri e alle teorie dei bambini, proponendo una dimensione culturale capace di creare continuità tra astrazione e artigianalità. Negli ambienti digitalmente aumentati i bambini e i ragazzi agiscono come autori e costruttori del proprio sapere e dei propri immaginari individuali e collettivi.

In questi contesti, infatti, essi agiscono simultaneamente su più piani rappresentazionali, allenandosi a una stile di pensiero ibrido, integrato e flessibile, sconfinando tra i diversi linguaggi. Come Roberto Maragliano afferma in Digitale birichino, “Pluralità e integrazione di codici, al di là di ogni possibile gerarchia; logiche associative e reticolari, al di là di ogni superiorità riconosciuta a sequenzialità e linearità: sono le due prerogative filosofiche di fondo, gli ingredienti che dovremmo (io credo) considerare irrinunciabili, a proposito dell’esperienza di digitale”.

In questo orizzonte si può parlare di una tecnologia making, dove bambini e adulti divengono autori, costruttori, inventori del proprio sapere – come in Digital Sculptors di Maria Giuseppina Grasselli – proiettandosi in un’esperienza learning by doing, dove l’apprendimento stesso sta nella qualità processuale dell’esperienza (si veda anche I cento linguaggi del digitale nel Reggio Emilia Approach di Maddalena Tedeschi, Elena Maccaferri, Annalisa Rabotti).

A causa della pandemia la chiusura improvvisa delle scuole, avvenuta in tempi differenti in quasi tutti i Paesi del mondo, ha sottratto ai bambini la dimensione della socialità e dell’apprendimento con gli altri. La didattica a distanza e i Legami Educativi a Distanza (LEAD), che gli insegnanti hanno costruito con impegno e frequentemente in condizioni di solitudine e precarie, hanno messo in luce problematiche non nuove: differenza di condizioni delle famiglie; differenti autonomie dei bambini; riduzione alla sola acquisizione di contenuti; la dimensione della relazione di apprendimento.

A partire dalle numerose esperienze realizzate in molte scuole nel mondo, tante sono le domande e le riflessioni che si sono generate intorno all’apprendimento digitale. E chi si occupa di scuola ed educazione ha sentito la necessità di ridefinire un nuovo modello didattico.

Si è riproposto con forza e con consapevolezze differenti il dibattito sui temi della formazione delle insegnanti (Distance educational Links: a qualitative study on the perception of kindergarten teachers, Luisa Zecca; Creative Learning in Stem: towards the design of an approach between theory and relective practice, Maria Xanthoudaki, Amos Blanton). Si è proposta la necessità e l’urgenza di un aggiornamento sul dibattito dell’apprendimento a distanza: in Next Stop Perpetual Beta: notes for an ethics of design in digitally augmented learning contexts Stefano Moriggi sottolinea il rischio che l’adozione inconsapevole, disinvolta e indiscriminata delle tecnologie riduca quella che dovrebbe essere una rivoluzione culturale a una questione di aggiornamento informatico di device e competenze, e propone quindi una visione che evidenzia la funzione ristrutturante e costitutiva di un dato medium.

Sui modificati ambienti di apprendimento diverse sono le riflessioni proposte da esperienze realizzatesi in contesti molto differenti: Maddalena Tedeschi, Elena Maccaferri, Annalisa Rabotti in I cento linguaggi del digitale nel Reggio Emilia Approach  propongono pregnanti riflessioni anche riguardo alla relazione con i genitori – aspetto, per altro, trattato anche in Child Mediation: effective education or conflict stimulation? Adolescents’ child mediation strategies in the context of sharenting and family conflict di Gaëlle Ouvrein, Karen Verswijvel.

L'educazione è un terreno fertile per l'utilizzo delle innovazioni tecnologiche, come testimoniato in Online learning in the Jordanian kindergartens during Covid-19 pandemic, di Maha Yousef Abu-Rabbà, Ayat Mohaamed Al-Mughrabib, Hamed Mubarak Al-Awidi.

In Students’ perception of e-Learning during the Covid Pandemic: a fresh evidence from United Arab Emirates (UAE) Anas Abudaqa, Mohd Faiz Hilmi, Hasan AlMujaini, Rashed A. Alzahmi, Gouher Ahmed propongono una riflessione considerando la perecezione dell’e-learning degli studenti negli Emirati Arabi Uniti durante la pandemia. I ricercatori condividono una “profonda preoccupazione per la qualità dell'istruzione nell'apprendimento online a causa dell’isolamento sociale, della mancanza di interattività e partecipazione, insieme al ritardo nella risposta tempestiva e nel feedback...” e invitano pertanto “i vari responsabili delle politiche nel settore dell'istruzione” a prendere in considerazione questi aspetti “per fornire linee guida strategiche”.

A questi si unisce il paper The Impact of e-Learning during Covid-19 on teaching daily living skills for children with disabilities di Khawla H. Al-Mamari, Suhail Al-Zoubi, Bakkar S. Bakkar, Abedalbasit M. Al-Shorman che analizza l’impatto dell’apprendimento a distanza durante il Covid sui bambini con disabilità.

Walid Aboraya in Assessing students’ learning of abstract mathematical concepts in a blended learning environment enhanced with a web-based virtual laboratory mostra, invece, come l'impiego di innovazioni tecnologiche potrà aumentare la comprensione degli alunni di contenuti astratti, di concetti matematici in un ambiente di apprendimento misto, potenziato con laboratorio virtuale dal web; riflessioni analoghe emergono anche in Impact of online simulators on primary school children’s visual memory development di Roza Valeeva, Elvira Sabirova, Liliia Latypova.

L’apprendimento della seconda lingua e il mantenimento del bilinguismo sono oggi obiettivi di molti Paesi e in questo le tecnologie digitali possono dare un contributo importante, come spiegano Gulnara Sadykova, Liliia Khalitova, Albina Kayumova in Maintaining bilingualism through technologies: the case of young Russian heritage learners, e Chafik Arar, Abdelouahab Belazoui, Abdelmoutia Telli, in Adoption of social robots as pedagogical aids for efficient learning of second language vocabulary to children.

Tutti questi papers evidenziano quanto la riflessione e la definizione dell’apprendimento a distanza sia molto importante, tanto più oggi che si parla, in molti Paesi, di trasformazione digitale della scuola fondandola frequentemente su un non ben definito ed elaborato apprendimento a distanza. E questo rischia di gravare negativamente sul dibattito e sulle scelte che devono essere compiute, come argomentato da Roberto Maragliano in Digitale birichino. Una trasformazione, quella digitale, che tocca e toccherà il sapere costruito e che si fonda sulla consapevolezza che il sapere si costruisce nella relazione.

Kate Cowan, John Potter, Yinka Olusoga, Catherine Bannister, Julia C. Bishop, Michelle Cannon, Valerio Signorelli in Children’s Digital Play during the Covid-19 Pandemic: insights from the Play Observatory, osservando il gioco digitale dei bambini durante la pandemia, evidenziano inoltre quanto il mondo attuale sia caratterizzato dall’integrazione tra dimensione fisica e virtuale, materiale e immateriale, e come i bambini vi siano immersi fin dalla nascita (se non prima). Il toccare è fondamentale per sperimentare e conoscere se stessi, gli altri e il mondo, e può essere centrale nel modo in cui comunichiamo. Le nuove tecnologie di comunicazione sensoriale stanno ampliando le possibilità su come “sentiamo” il mondo che ci circonda, modificando il modo di abbracciarsi e toccarsi a distanza. La Digital Touch Comunication, pertanto, apre la necessità di approfondire le implicazioni sociali e psicologiche per i legami sociali e in generale per la comunicazione. In questa direzione Eloisa Di Rocco, Jennifer Coe, Federica Selleri, Simona Cavalieri in Moving between the boundaries of physical and digital contexts: a case study about a shared project by a group of children presentano un caso di studio nel quale un gruppo di bambini si muove tra i confini dei contesti fisici e digitali. Il paper Creative Learning in STEM: towards the design of an approach between theory and reflective practice di Maria Xanthoudaki e Amos Blanton, invece, attraverso l’illustrazione dell’esperienza di “Future Inventor” del Museo della Scienza e delle Tecnologie Leonardo da Vinci di Milano contribuisce alla conoscenza di esperienze di apprendimento che si modellano sul dialogo fra materiale e immateriale, fra fisico e virtuale, intesi come ambienti di e per l’insegnamento/apprendimento. E, su questa linea, Stefano Moriggi nel contributo già citato, avanza anche una proposta di etica del design per contesti di apprendimento digitalmente aumentati.

La contemporaneità ci propone sfide educative, sociali e politiche sulle quali interrogarsi e confrontarsi per elaborare e condividere nuove visioni e possibili traiettorie di sviluppo nel rapporto tra l’infanzia e il digitale, così come nella costruzione delle policy educative a partire dall’uso delle tecnologie con i bambini.

Ogni medium innesca trasformazioni negli stili comunicativi, nelle forme di strutturazione della conoscenza (oltre che di accesso e fruizione al sapere), nelle condizioni di apprendimento. Le tecnologie – e non solo quelle digitali – “estendono” la mente proponendo trasformazioni radicali e profonde che sono ancora da indagare.

Si rendono quindi necessari una riflessione e un confronto interdisciplinare sui diversi dispositivi, sui differenti software, oltre che sugli approcci epistemologici e sui modelli psico-pedagogici che potrebbero contribuire a interpretare al meglio queste sfide, al fine raggiungere l’obiettivo di un’educazione plurale e inclusiva.

  

© Italian e-Learning Association (SIe-L)

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Il Reggio Emilia Approach® è una filosofia educativa fondata sull’immagine di un bambino con forti potenzialità di sviluppo e soggetto di diritti, che apprende attraverso i cento linguaggi appartenenti a tutti gli esseri umani e che cresce nella relazione con gli altri.

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